giovedì 24 luglio 2014

Autocelebrazione


Ok, lo so, la modestia è una delle mie principali virtù, seconda solo alle mie straordinarie doti culinarie (se non sono talento sbagliare il purè in buste, far bruciare la pasta ancora nell'acqua, gremare i bastoncini Findus tanto da dover buttar via la teglia ditemi voi cos'è!), ma... QUANTO NON SONO STATA BRAVA?!? =)

E' circa una settimana che sto lavorando a questo disegno (in totale 16 ore nette di lavoro, ma me ne aspettavo 20...), che non è tanto grande (sta tutto in un A4 con un bel margine largo...), solo difficile.
Difficile in generale e difficile per me, che non avevo mai rappresentato tatuaggi, mani (quindi le mani tatuate valgono come punti extra di difficoltà... sapete, quei casi particolari dove 1+1 fa 3 e non 2...) e oggetti (la chitarra è stata un incubo, giuro!).

Ma diamine se sono soddisfatta!!! XD
Ovviamente è finito subito su Deviantart , dove, inspiegabilmente, non ha ancora raggiunto il successo di pubblico che merita, ma sono fiduciosa... al massimo, varrà qualche migliaio di dollari dopo la mia morte: mamma, conservalo, che lo darò ai miei figli in eredità! ^^

domenica 20 luglio 2014

Letture non proprio da ombrellone

Amo le coincidenze. Non ho ancora ben deciso se considerarle come tali, o se pensare piuttosto che si tratti di segni del destino, ma di certo mi piace notarle, prenderle in considerazione e possibilmente agire di conseguenza.

Stavolta la coincidenza che innesca la mia riflessione (lo so, è vero, rifletto su tutto, che persona noiosa che sono… ;P ma pensatela così, magari in un futuro non troppo lontano saremo pagati per pensare, e io mi sto solo allenando a diventare la donna più ricca del mondo! ^^) è che per un’intera settimana io e mia madre abbiamo letto libri diversi, apprezzando ciascuna il proprio e per questo consigliandoceli a vicenda (ma guardandoci bene dal seguire il suggerimento l’una dell’altra) sullo stesso argomento.

Lei un pamphlet sui diritti e le libertà dell’individuo, sulla bioetica e l’eutanasia, io un capolavoro di saggio intitolato “Metallica e filosofia” dall’eloquente sottotitolo “Libertà, autenticità ed etica: dal rock un invito a pensare”, dove ampio spazio è dedicato proprio ai concetti di libertà e valore della vita, dalla pena di morte, al suicidio all’eutanasia.

Ora, che ve ne frega a voi, che magari siete in vacanza e vi godete la spiaggia, di eutanasia e dibattiti sulla libertà individuale? Vi capisco, e fortunatamente, a proposito di libertà, siete ancora liberissimi di chiudere il blog, saltare il post e tornare al vostro drink, non vi biasimerò certo per questo, ma permettete, vi prego, a me che ne ho voglia di rimanere qui a rifletterci un po’ su… =)

La domanda di fondo, quella che regge di fatto ogni singola pagina dei libri che io e mia madre abbiamo letto, è una sola, apparentemente semplice e in realtà dannatamente complicata:

Qual è il valore di una vita umana?

Ho letto entrambi i libri, ma partirò da ciò che mi è più familiare, i Metallica. La scelta non è così scriteriata come appare perché da fan vi posso dire che i ‘tallica hanno dedicato trent’anni di onorata carriera ad approfondire questo tema, affrontandolo da diversi punti di vista.

Fade to Black ci dice che la vita ad un certo punto, per motivi che James volutamente non esplicita, può perdere il senso che prima ci sembrava avesse (“Life, it seems, will fade away / drifting further every day / […] I have lost the will to live / Simply nothing more to give / There is nothing more for me / Need the end to set me free” [La vita, sembra, sfumerà via / scivolando più lontano giorno dopo giorno / […] Ho perso la voglia di vivere / Semplicemente non ho più niente da dare / Non c’è più niente per me / Ho bisogno della fine per liberarmi]) e Cyanide rincara la dose (“Suicide, I've already died / You're just the funeral I've been waiting for / Cyanide, living dead inside / Break this empty shell forevermore” [Suicidio, sono già morto / Sei soltanto il funerale che sto aspettando / Cianuro, sono vivo ma morto dentro / Spezza questo guscio vuoto una volta per tutte].

 Disposable Heroes ci dice che addirittura per qualcuno la nostra vita potrebbe non avere mai avuto un valore (“Soldier boy, made of clay / Now an empty shell / Twenty one, only son / But he served us well / Bred to kill, not to care / Just do as we say / Finished here, Greeting Death / He's yours to take away” [Soldato ragazzino, fatto d’argilla / Ora un guscio vuoto / Ventun anni, figlio unico / Ma ci ha servito bene / Cresciuto per uccidere senza pensarci su / Fai solo quello che ti diciamo / Finito qui, a incontrare la Morte / E’ vostro da portar via]).

In Master of Puppets scopriamo che a volte siamo noi stessi, in balia di una dipendenza da cui siamo inevitabilmente dominati, a svuotare la nostra vita di significato e valore, trasformandola nel puro e semplice conto dei giorni che mancano alla morte (“Neverending maze, drift on numbered days / now your life is out of season” [Labirinto senza fine, vai alla deriva coi giorni contati /Ormai la tua vita è fuori stagione]).


Ma questo era solo riscaldamento, la riflessione è appena iniziata, in fondo finora si è trattato di situazioni (a parte forse la guerra) in cui una persona può SCEGLIERE che valore dare alla propria vita, se continuare a vivere oppure cercare sollievo nella morte, ma più difficile (e moralmente interessante…) è il caso di tutte quelle persone che non hanno alcuna possibilità di esprimere un parere sulla propria vita, per la cui tutela devono necessariamente dipendere da altri: bambini non ancora nati, embrioni in provetta e persone in coma.

Non mi risulta che i Metallica abbiano mai parlato di aborto, ma di eutanasia sì, e l’hanno fatto in un pezzo che secondo me si guadagna di diritto un posto in prima classe nella lista dei dieci titoli da salvare assolutamente per i posteri in caso di estinzione dell’umanità.

E’ una canzone che non smette di darmi i brividi, e che mi procura dieci centimetri buoni di pelle d’oca anche se suonata in pieno luglio ad un concerto con trentacinquemila persone e trentotto gradi all’ombra: One.

One ci angoscia perché ci pone di fronte ad una condizione giustamente descritta come infernale, quella di un soldato che in seguito all’esplosione di una mina si ritrova non solo privato degli arti, ma cieco, sordo, muto, e pertanto completamente scollegato dal resto del mondo (“Now the world is gone, I’m just one” [Ora il mondo se ne è andato, sono rimasto solo]), dichiarato (a torto!) dai medici irreversibilmente un vegetale, incapace di provare emozioni, formulare pensieri o avere percezioni fisiche.

In questa atroce condizione di non vita e non morte (“Darkness / Imprisoning me / All that I see / Absolute horror / I cannot live / I cannot die / Trapped in myself / Body my holding cell” [Oscurità / Che mi imprigiona / Tutto quello che vedo / Orrore assoluto / Non posso vivere / Non posso morire / Intrappolato in me stesso / Il mio corpo è la mia prigione]) il soldato implora la morte come liberazione dall’inferno di sofferenza in cui è costretto: “Fed through the tube that sticks in me / Just like a wartime novelty / Tied to machines that make me be / Cut this life off from me / Hold my breath as I wish for death / Oh, please, God, help me” [Alimentato dal tubo che ho infilato dentro / Come una novità del tempo di guerra / Legato a macchine che mi tengono in vita / Tagliatemi via questa vita / Trattengo il respiro e desidero di morire / Oh, Dio, ti prego, aiutami]

Durante e dopo l’ascolto di One vi garantisco che chiunque voterebbe a favore dell’eutanasia, perché ci si sente fisicamente male ad immaginare di vivere anche solo una settimana l’incubo (che potenzialmente si protrarrà anni) del suo protagonista, e in fondo si può vedere la “dolce morte” come l’esaudimento del desiderio e della volontà di quest’uomo, che a gran voce, seppure solo nella sua mente, grida e implora di morire, continuamente, in modo straziante, per tutti gli otto minuti della canzone.

Ma, proprio perché non c’è modo di comunicare dall’una e dall’altra parte di questa barriera fatta di oscurità e silenzio, siamo sicuri che morire sia quello che tutte le persone in questa condizione vogliono? E – ancora più importante – siamo sicuri di avere il diritto di uccidere un altro essere umano, anche se in queste condizioni [che a noi sembrano] disumane?

In fondo, se Ride the Lightning ci ha convinto, e fortemente anche, che la pena di morte sia una cosa atroce, e che non abbiamo il diritto di uccidere nemmeno un assassino, a maggior ragione perché dovremmo uccidere un innocente?

Fermo qui la mia riflessione, almeno per iscritto, perché non voglio tediarvi oltre e perché io stessa non ho – ovviamente – risposte. Al momento, anzi, ho ancora un atteggiamento contraddittorio nei confronti dell’eutanasia: vorrei, se mai dovessi trovarmi in una situazione del genere, morire, anche se questo dovesse somigliare più ad un’esecuzione tramite iniezione letale che all’interruzione di un accanimento terapeutico, ma d’altra parte non potrei mai chiedere la morte di nessuna persona a me cara, nemmeno se da anni incatenata ad una macchina che la tiene in vita.


Ora la smetto davvero, promesso, grazie di essere arrivati fin qui… adesso per un po’ solo post frivoli, giuro! ^^